UNA
CADUTA DA 3000 METRI SU UN TETTO
9
dicembre 1919. Il tenente aviatore Bruno Bilisco, durante un volo
Torino-Roma, a causa di un guasto al motore atterra sul tetto
della Ditta Luigi Stoppani a Cogoleto. Questo è il rapporto che
egli stesso fece alla Direzione dell'Aeronautica.
Il
giorno 9 dicembre alle ore 11,04 partivo dal Campo di Mirafiori
(Torino) diretto a Roma con l'apparecchio "SVA5"
N.112228 destinato al Raid Roma-Tokio. Dopo aver compiuto
un giro di campo ed assicuratomi che il motore funzionava
perfettamente, iniziai il viaggio tenendo la rotta
Alessandria-Novi-Genova-Spezia-Pisa-Roma. Nel primo tratto di
percorso da Torino a Novi mantenni una quota di circa 1500 metri,
ed in questo tragitto il motore, ridotto alla velocità di 1350
giri, funzionò perfettamente. La temperatura dell'acqua nel
radiatore, con le alette chiuse, al termometro segnava circa 70°.
Da
Novi iniziai la traversata dell'Appennino sui Giovi e per
precauzione mi portai gradatamente ad una quota di 3000 metri,
raggiunta sul cielo di Genova. Nel frattempo il termometro
cominciò a segnare un abbassamento di temperatura, tanto che per
evitare un eccessivo abbassamento del motore ritenni opportuno
portarmi a quota inferiore, senza però ridurre di molto il numero
dei giri. A 2800 metri il termometro segnava circa 45° sottozero
e fu in questo momento che il funzionamento del motore divenne
irregolare.
Compresi
subito che sarei stato costretto ad atterrare: intanto il terreno
sottostante non offriva alcuna possibilità di atterraggio, e
l'unico campo esistente nella zona, quello di Balzaneto, è
ingombro per la costruzione della Acciaierie Ansaldo.
Approfittando dell'irregolare funzionamento del motore, che
tuttavia dava 500 giri, con volo planè sfruttato cercai di
raggiungere la spiaggia di Varazze, ma fortemente ostacolato dal
vento di tramontana, che in quel giorno soffiava con raffiche
violente, non potei arrivare alla mèta prefissa, per pochi
chilometri di differenza. |

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Tenente Bruno Bilisco |
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Decisi
allora prender terra nel greto di un torrente e visto quello del
Lerone, presso Cogoleto, iniziai la manovra di atterraggio dal
monte verso il mare, certo di avere così il vento di fronte. La
valle tortuosa è incassata tra due colline ricoperte di ulivi, e
l'unico tratto, di circa 250 metri, relativamente adatto per un
atterraggio forzato trovasi alla foce. Sballottato dalle raffiche
di vento, che nella gola erano violentissime, a mala pena scansai
le pareti rocciose del colle di sinistra, e dopo aver tolto il
contatto dal motore, onde evitare il pericolo di incendio nel caso
di una capottata, decisamente mi buttai sul greto. |
Avevo
già richiamato in linea di volo l'apparecchio a circa 2 metri dal fondo
del torrente, per atterrare con la minor velocità possibile,quando mi
accorsi che contrariamente al mio calcolo, il vento l'avevo in coda.
Intanto con velocità impressionante mi avvicinavo al ponte in muratura
che trovasi alla foce del Larone, dove oltre la strada provinciale vi è
la linea ferrata che va a Savona. Compresi
immediatamente il disastro inevitabile, anche perché mi sarebbe stato
impossibile saltare i ponte per gettarmi a mare, dati i pali in metallo
ed i fili ad alta tensione che servono alla trazione
elettro-ferroviaria, mentre le arcate del ponte sono troppo strette per
un tentativo di passaggio sotto. A
circa 100 metri da questo insormontabile ostacolo, sulla destra del
torrente osservai un vasto capannone e scambiandolo per una tettoia o
magazzino, decisi senz'altro di cercare salvezza sul tetto. Con pronta ed
energica manovra gettai l'apparecchio in alto sulla destra e fu così
nella salita, perduta la velocità residua, riuscii ad adagiare
l'aeroplano rullando per oltre 10 metri sul pendio, finché l'ala destra
urtò sul colmo provocando una violenta imbordata e l'impennata del
velivolo. Il motore urtando sulla trave centrale del tetto si staccò e
precipitò nell'interno, mentre l'apparecchio col serbatoio contenente
ancora 300 litri di benzina rimasero sospesi sulle travature. Passato
il primo momento e constatato che ero incolume mi liberai dalla
fusoliera e mercé una scala appoggiata sul tetto dalle persone accorse
scesi per rendermi conto se esistevano dei pericoli immediati, tanto
più che appena mi ero sporto dal velivolo impennato, attraverso lo
squarcio del tetto intesi una vampata di calore intenso.
Malauguratamente ero andato ad adagiarmi sul fabbricato dei forni a
fuoco continuo dello stabilimento per la produzione dei bicromati della
Ditta Luigi Stoppani e Comp. di Milano. Visto l'imminente pericolo di
incendio per una perdita di benzina verificatasi dal serbatoio, ma che
fortunatamente cadeva nel corridoio centrale dei forni stessi, dove pure
era precipitato il motore senza provocare ulteriori danni, nell'assenza
del direttore dello stabilimento, diedi ordine di allontanare tutto il
personale dal fabbricato, chiamai telefonicamente i RR.Carabinieri di
Cogoleto ed i pompieri di Genova onde essere pronti a combattere il
fuoco in caso che questo si fosse manifestato, e presi io stesso la
direzione dei lavori sia per scongiurare l'incendio che per ricuperare
quanto più era possibile i resti dell'aeroplano infranto. |
D'ordine
mio vennero spenti con tutte le precauzioni possibili i due forni
vicini alla perdita di benzina e agli altri due, dopo aver fatto
chiudere i toraggi, feci sospendere l'alimentazione. Sempre a
titolo di precauzione ordinai di scaricare la pressione di quattro
caldaie a vapore esistenti nei forni suddetti e che servono per
alimentare le motrici.
Nel
frattempo avvertii telefonicamente il Campo di Mirafiori e la
Sezione Tecnica di Genova dell'incidente, mentre, per il tramite
dei RR.Carabinieri, inviai una dettagliata relazione telegrafica
alla Direzione Generale.
Dopo
circa 24 ore di assiduo e delicato lavoro dei pompieri, coadiuvati
dal personale dello stabilimento, ogni pericolo era scongiurato ed
i resti dell'aeroplano trovavansi a terra, tanto che quando giunse
il personale della Sezione Tecnica di Genova, mandato per il
ricupero del velivolo, tutto era finito e al personale stesso non
rimase che il trasporto alla stazione ferroviaria, per l'inoltro a
Mirafiori.
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Il Secolo Illustrato - 1 gennaio
1920
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Il tetto sfondato |
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