. L' ITALIA nel 1700
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Clemente XIV.
Pontefice di somma dottrina e prudenza succedé a Clemente XIII li 19 di
Maggio 1769. Ei si chiamava Lorenzo Ganganelli, ed era Religioso
dell'Ordine dei Minori Conventuali. La famiglia Ganganelli è originaria
di S.Angelo in Vado, piccola città vescovile dello Stato Ecclesiastico.
La madre è della famiglia Mazza
originaria di Pesaro.
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MDCCCXXIII |
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LETTERA II: Al Sig. Abate Ferghen Non può far meglio, Sig.Abate, per distrarsi dagl'imbarazzi e dalle inquietudini, che viaggiar l'Italia. Ogni uomo ben istruito dee un omaggio a questo paese tanto rinomato e cotanto degno di esserlo; ed io ce la vedrò con un piacere indicibile. A prima vista scorgerà quei baloardi datigli dalla natura negli Appennini, e quelle Alpi che ci dividono dai Francesi, e ci meritaron per questa parte il titolo d' Oltremontani. Questi son tanti monti maestosi fatti per servir d'ornamento al quadro che essi contornano. I torrenti, le riviere ed i fiumi, non contando i mari, sono altrettante prospettive, che presentano i più bei punti di vista che interessar possano i viaggiatori e i pittori. Nulla di più ammirabile, quanto un suolo il più fertile sotto il clima più bello, ovunque intrecciato di vive acque, ovunque popolato da villaggi, e adorno di superbe città: tale è l'Italia. Se tanto in onore vi fosse l'agricoltura quanto l'architettura, se diviso non fosse il paese di tanti governi diversi, tutti di varia forma, e quasi tutti deboli e poco estesi, non vi si vedrebbe la miseria al fianco della magnificenza, e l'industria senza attività: ma per somma disgrazia più si è atteso all'abbellimento delle città, che alla coltura delle campagne, e dappertutto gl'incolti terreni rimproverano agli abitanti la loro oziosità. Se ella entrerà da Venezia, vedrà una città unica al mondo per la sua situazione, la quale è appunto come un vasto naviglio che si riposa tranquillamente sull'acque, ed a cui non s'abborda che per mezzo di scialuppe. Ma non sarà questa l'unica cosa che la sorprenderà. Gli abitanti mascherati per quattro in cinque mesi dell'anno, le leggi d'un governo dispotico che rilascia ai divertimenti la maggior libertà, i diritti d'un sovrano che non ha autorità veruna, le costumanze d'un popolo che ha fin paura dell'ombra propria, e si gode la più gran tranquillità, son tutte cose tra loro disparate, ma che in modo particolare interessano un viaggiatore. Non v'è quasi un Veneziano che non sia eloquente; sono state anzi fatte delle raccolte dei concetti dei gondolieri, d'un sale piccantissimo. Ferrara nel suo recinto le farà vedere una bella e vasta solitudine, quasi in un altrettanto silenzio, come la tomba dell'Ariosto, che ivi riposa. Bologna presenterà ai suoi occhi un altro bel prospetto. Vi troverà le scienze familiari anche al bel sesso, che producesi con dignità nelle scuole e nelle accademie, nelle quali ogni dì gli s'inalzano dei trofei. Mille diversi prospetti sodisfaranno il suo spirito e gli occhi suoi, e la conversazione poi degli abitanti la rallegrerà moltissimo. Quindi per uno spazio di più di cento leghe attraverserà una moltitudine di piccole città, ciascuna delle quali ha il suo Teatro ed il suo Casino (per ridotto della nobiltà), e qualche letterato, o poeta, che applica secondo il suo genio, ed a norma del suo piacere. Visiterà Loreto, pellegrinaggio famoso pel concorso dei forestieri, e pei superbi tesori dei quali è arricchito il suo tempio. Finalmente vedrà Roma, la quale per mille anni continui si rivedrebbe sempre con nuovo piacere; città, che assisa su quelle sette colline, chiamate dagli antichi le sette dominatrici del mondo, sembra di là dominar l'universo, e dir con fierezza a tutti i popoli, esser d'essa la regina e la capitale. Nel gettare lo sguardo su quel famoso Tevere, le sovverrà di quegli antichi Romani che tanto hanno parlato di lui, e come tante volte andò gonfio del sangue loro e di quello dei loro nemici. Anderà quasi in estasi nel rimirar la basilica di S.Pietro, dai conoscitori chiamata la maraviglia del mondo, perché infinitamente superiore a S.Sofia di Costantinopoli, a S.Paolo di Londra, ed al Tempio stesso di Salomone. Egli è un vaso tale, che si estende quanto più si scorre, ed in cui tutto è colossale, e tutto apparisce d'una forma ordinaria. Le pitture rapiscono, i mausolei son parlanti; e si crederebbe di rimirar quella nuova Gerusalemme dal cielo discesa, di cui parla S.Giovanni nella sua Apocalisse. Nel tutto insieme ed in ogni parte del Vaticano, eretto sulle rovine dei falsi oracoli, vi troverà del bello in ogni genere, da stancare i suoi occhi, e da rimanerne incantato. Qui è dove Raffaello e Michel Angiolo, ora in una maniera terribile ed ora amabile, hanno spiegato ne più bè capi d'opera il genio loro, esprimendo al vivo l'intiera forza del loro spirito; e qui è dove è depositata la scienza e lo spirito di tutti gli scrittori dell'universo, in quella gran moltitudine d'opere che compongono la più vasta e più ricca libreria del mondo. Le chiese, i palazzi, le piazze pubbliche, gli obelischi, le colonne, le gallerie, le facciate, i teatri, le fontane, le vedute, i giardini, tutto le dirà ch'ella è in Roma, e tutto ce la farà affezionare, come ad una città che fu mai sempre con preferenza universale ammirata. Non ci ritroverà certamente quell'eleganza francese, che preferisce ciò che è bello a tutto quel ch'è maestoso; ma ne resterà però rindennizzato da certi colpi d'occhio che la faranno ad ogn'istante maravigliare. Scoprirà finalmente un nuovo mondo in tutte le figure di pittura e scultura sì degli antichi che dei moderni, e crederà cotesto mondo animato. L'Accademia di Pittura, tenuta dai Francesi, le farà veder degli allievi che diventeranno eccellenti maestri, e che fanno un onore all'Italia venendovi a prender lezione. Ammirerà poi la grandezza e semplicità del Capo della Chiesa, il servo dei servi in ordine all'umiltà, ed il primo tra gli uomini agli occhi della Fede. I cardinali che lo circondano, le rappresenteranno quei ventiquattro vecchioni intorno al trono dell'Agnello, essendoché gli ritroverà tanto modesti nelle loro maniere quanto edificanti nei loro costumi. La disgrazia però si è che quest'ottica magnifica anderà poi a finire in certe turme di questuanti mantenuti da Roma male a proposito con sparger certe limosine male intese, invece di fargli applicare a dei lavori utili; e questa è la maniera di porger la rosa colla spina, e di far sì che il vizio si veda bene spesso al fianco della virtù. Ma se poi vuol veder Roma nella sua splendidezza, procuri d'esservi per la festa di S.Pietro. L'illuminazione della chiesa incomincia con una luce sì lenta, che facilmente si prenderebbe pel riverbero del sole che tramonta, fa risaltare i più be' pezzi d'architettura, e dipoi va a finire in fiamme ondeggianti, che formano un bel prospetto ambulante, e così durano insino a giorno. Tutto questo è accompagnato da un fuoco d'artifizio raddoppiato, il di cui splendore è così vivo, che par che le stelle si stacchin dal cielo, e cadano in terra con gran fracasso. |
Non le starò a dir nulla di quella strana metamorfosi, che ha collocati fin sul Campidoglio i Religiosi di S.Francesco, ed ha fatto nascere una Roma affatto nuova dalle stesse rovine dell'antica, per far vedere all'universo che il cristianesimo è veramente opera di Dio, e che egli ha soggiogato i più famosi conquistatori per istabilirsi nel centro stesso dei loro possedimenti. Se i nuovi Romani non le sembrano punto bellicosi, ciò addiviene dal loro attuale governo, che non ne ispira loro il valore; del resto si trova in essi ogni germe di virtù, e sono altresì buoni militari come gli altri, allorché militano sotto qualche altra straniera potenza. Quel ch' è certo si è, che hanno un grande spirito, e par che nascano pantomimi, tanto son espressivi ne' lor gesti fin dall' infanzia medesima. Passerà dipoi a Napoli per la famosa via Appia, che per la sua antichità si è resa in oggi per somma disgrazia scomodissima, ed arriverà a quella Partenope, ove riposano le ceneri di Virgilio, sulle quali vedesi nascere un lauro, che non può esser meglio collocato. Da un lato il monte Vesuvio; dall' altro i campi Elisi le presenteranno dei punti di vista singolarissimi; e dopo di esserne sazio, si troverà circondato da una moltitudine di Napoletani, vivaci e spiritosi, ma troppo inclinati al piacere e all' infingardaggine, per esser quel che potrebbon essere. Sarebbe Napoli una città d'incanto, se non vi s'incontrasse una folla di plebei, che hanno un'aria di ribaldi e di malandrini, senza esser sovente nè l'uno né l'altro. Le chiese son riccamente adorne, ma l'architettura è d'un cattivo gusto, che non corrisponde punto a quella di Roma. Un piacere singolare proverà nel passeggiare i contorni di questa città, deliziosa pe' suoi frutti, per le prospettive, e per la sua situazione; e potrà penetrare sino in quei famosi sotterranei, ove restò un tempo inghiottita la città d' Ercolano da un'eruzione del Vesuvio. Se a caso egli fosse in furore, vedrà uscir dal suo seno dei torrenti di fuoco, che maestosamente si spandono per le campagne. Portici le farà vedere una collezione di quanto è stato scavato dalle rovine dell' Ercolano; ed i contorni di Pizzuolo, già decantati dal principe dei poeti, le inspireranno del gusto per la poesia. Bisogna andarvi coll' Eneide alla mano, e confrontare coll'antro della Sibilla di Cuma, e coll' Acheronte, quel che ne ha detto Virgilio. Se ne ritornerà poi da Caserta, che per i suoi ornati, marmi, estensione e acquidotti degni dell'antica Roma, può dirsi la più bella villa d'Europa; potrà visitare il Monte Cassino, ove sussiste ancora lo spirito di S.Benedetto dopo quasi dodici secoli, senza interruzione, nonostante le immense ricchezze di quel superbo monastero. Firenze, donde uscirono le Belle Arti, e dove esistono come in deposito i loro più magnifici capi d'opera, le presenterà degli oggetti di nuovo. Vi ammirerà una città, che giusta 'l sentimento d'un Portughese, non dovrebbe mostrarsi che le domeniche, tanto è gentile e vagamente adorna. Dappertutto vi si scorgon le tracce della splendidezza e del buon gusto de' Medici, descritti negli annali del genio, per restauratori delle Belle Arti. Livorno, porto di mare, sì popolato che vantaggioso per la Toscana; Pisa, sempre in possesso delle sue scuole, e d'aver degli uomini in ogni genere eruditi; Siena, rinomata per la purgatezza dell'aria e del suo linguaggio, l'interesseranno a vicenda in modo particolare. Parma, situata in mezzo alla più fertili pasture, le mostrerà un teatro che contiene quattordicimila persone, e nel quale s'intende da tutti quel che si dice anche a mezza voce. Piacenza poi le sembrerà ben degna del nome ch'ella porta, essendo un soggiorno, che per la sua situazione ed amenità piace singolarmente a' viaggiatori. Non si scordi di Modena, come patria dell'illustre Muratori, e come una città celebre per quel nome che ha dato a' suoi sovrani. In Milano troverà la seconda chiesa dell'Italia per la beltà e grandezza. Più di diecimila statue di marmo ne adornano l'esterno, e sarebbe un capo d'opera se avesse una facciata. La società de' suoi abitanti, dappoichè i Francesi ne feron l'assedio, è sommamente piacevole. Vi si vive come a Parigi; e tutto, fin lo spedale, e lo stesso cimiterio, spira un'aria di splendidezza. La Biblioteca Ambrosiana è interessantissima pe' dilettanti, ed altresì il rito Ambrosiano, specialmente per un ecclesiastico che brami conoscere le costumanze della Chiesa, del pari che l'antichità. L'isole Borromee l'inviteranno a portarsi a vederle, mercè il racconto che le ne sarà fatto. Situate in mezzo di un lago deliziosissimo, presentano alla vista tutto ciò che di più ridente e magnifico trovasi ne giardini. Genova le proverà esser ella realmente superba nelle sue chiese, e ne' suoi palazzi. Vi si osserva un porto famoso pel suo commercio, e per l'affluenza degli stranieri; vi si vede un Doge che si permuta appresso a poco come i superiori delle comunità, e che non ha un'autorità molto maggiore. Torino finalmente, residenza d'una corte, ove da lungo tempo abitan le virtù, l'incanterà colla regolarità degli edifizi, colla bellezza delle piazze, colla dirittura delle sue strade, collo spirito dei suoi abitanti; e qui in tal guisa terminerà il piacevolissimo suo viaggio. Ho fatto, com'ella ben vede, prestissimamente tutto il giro dell'Italia, e con pochissima spesa, col fine d'invitarla in realtà a venirci; del resto con un suo pari serve un semplice abbozzo. Non le starò a dir cos'alcuna de' nostri costumi; questi non son niente più corrotti di quelli dell'altre nazioni, checchè ne dicano i maligni; soltanto variano nel chiaroscuro, secondo la diversità dei governi; poiché il Romano non somiglia il Genovese, né il Veneziano il Napoletano; del resto si può dir dell'Italia come del mondo intiero, che a differenza del più al meno, ci è qui come altrove, un po' di bene e un po' di male. Non la prevengo sulla grazia degl'Italiani, nè tampoco sull'amor loro per le Scienze e Belle Arti, essendo queste una cosa che conoscerà ben presto nel trattarli, ed ella specialmente sopra d'ogn'altro, con cui tanto piacere si prova nel conversare, ed a cui sarà sempre per ognuno un piacere ugualmente il potersi dire umilissimo obbligatissimo servitore. Ho voluto profittar di questo momento di tempo per darle un'idea della mia patria; questa non sarà che una grossolana pittura, dovecchè alle mani d'un altro sarebbe stata una vaga miniatura; il soggetto ne meritava la pena, ma il mio pennello non è tanto delicato da poterlo eseguire.. ROMA. 12 Novembre 1756 |