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. Seconda
parte: 1916 . Il
22 Gennaio ormai è finito … siamo alla mezzanotte … presto
passeremo il Po: mi preparo all’atto solenne: rievocando l’ombra
del pacifico Virgilio … Ma il re dei fiumi italiani non ride ai
pioppi … esso dorme assiderato dalla nebbia … Siamo
già in provincia di Bologna, tra un’ora saremo in città … e
discenderemo da questa tomba … Peccato che Dante non abbia mai
viaggiato in tradotta: questa gli avrebbe potuto servire tanto bene
per punire i peccatori di poltroneria o di lusso soverchio! … Ogni
volta che posso addormentarmi, sogno l’arrivo a casa … sono ormai
le tre del mattino: Bologna deve essere vicina. Tutti
i bolognesi sono in piedi raggianti … Un urto: ci siamo! No; è il
disco, che naturalmente è chiuso, ma è quello dalla stazione di
Bologna! … Scendo
mentre il treno è in moto … scappo fuori per un’uscita proibita:
il mio fucile è salvo … Attraverso
Bologna … I nottambuli sono ancora in giro … Questi sono certo
interventisti … Come sento di odiarli questi signori perditempo … Finalmente
sono le 6: piglio il mio vaporino, fra un paio d’ore sarò a casa. Su
la carrozza del vaporino trovo delle vecchie conoscenze; ma non
attacco discorso con nessuno. Tutti
mi guardano, tutti osservano il mio bagaglio … il mio fucile. Io
sbuffo dall’impazienza e dalla stanchezza: fingo di dormire e sogno
proprio ad occhi aperti. Ecco
la mia stazione … scendo e via come un dannato … Prima
che il treno arrivasse mi ero già caricato il tascapane, la coperta,
la mantellina; e in ultimo avevo imbracciato il fucile con una posa da
vecchio soldato indifferente di tutto e pronto a tutto … il che
notai fece colpo su gli altri viaggiatori che mi osservavano … Incomincio
la salita che mi condurrà a casa, con un passo folle … M’accorgo
di battere il passo come se comandassi il plotone: -
Uno due....accellerate!...fuori il passo! E
le mio gambe indolenzite trovano la forza di obbedirmi magnificamente,
con degli scatti da recluta in piazza d’armi … E’
domenica: parecchie donne e qualche uomo si avviano alla Messa: tutti
mi guardano curiosamente, si soffermano per guardarmi dietro; ed io
stringo il mio fucile con una gioia pazza. E’
freddo; l’aria è pungente; la brina e grossa; ma io sudo come di
luglio … Qualche
amico vorrebbe fermarmi … domandare … sapere. Inutile. Nessuno può
arrestare la mia marcia … Guardo
ai campi … alle case … al panorama; nulla è cambiato: è mai
possibile che qui tutto sia stato al suo posto, mentre io là sul
Carso rischiavo la vita? … Il
Carso! la guerra! il fronte! E’ mai possibile … La
mia casa è là: le finestre sono ancora chiuse al piano superiore;
solo quella della mamma è aperta. I
miei fratelli dormono ancora: la mamma con le sorelle sono alzate: il
babbo è via … ne sono sicuro … Per
far più presto piglio per i campi: ecco l’ultimo viale è
imboccato. Come mi sembra lungo. Di!
… Corsa! … chiedo alle mie gambe l’ultimo sforzo: Unò… duè
… Mi accorgo di correre con il fucile a bilanc’arm! … Attraverso
il vigneto che circonda la mia casa: inciampo in un filo: lo rompo!
… Un
contadino amico di casa mi saluta, e si prova a seguirmi. Ecco
la casa: mia sorella ritta volta le spalle alla finestra … Io
mi fermo esitante … mi appoggio al fucile e mi asciugo il sudore …
Il
contadino ha compreso, si avvia di buon passo da solo … Io
osservo ancora mia sorella … A un tratto si volta … manda un
grido: - Andrea! … e fuori di corsa … Il
cane arriva di gran galoppo guaiendo di gioia, come quello di Ulisse. Io
mi slancio a gran passo, sforzandomi di sorridere: sento la mamma che
mi chiama … poi la veggo ritta davanti a me … e non ricordo più
nulla … Il
babbo era assente … i fratellini dormivano … Poi
ricordo che mia mamma, che ha una paura maledetta delle armi, prende
in mano il mio fucile e lo guarda come fosse una canocchia! -
In licenza - E’
mai possibile che io sia a casa mia, nel mio letto, a un passo da mia
mamma! Vicino
alla mia famiglia, che io tenevo per certo di non più rivedere?
Eppure è vero. Come
è bello l’alzarsi da letto la prima mattina che si trova a casa
propria dopo una lunga assenza! … Erano ormai 1O mesi che dormivo
vestito, per terra, o a farla grassa su un poco di paglia. Ci
si leva al mattino dopo un sonno così morbido che proprio risuscita:
si incomincia la giornata con in cuore ogni più bella speranza … Povero
soldato, par vi dica ogni più piccola cosa, ora dimentica e riposati. Dimentica
tutto, tutto, perché qui sei in casa tua … Oggi
non più disciplina, servizio, marcia, istruzione, cannonate, ecc …
ecc … Qui
sei fra persone civili … non più rancio stomachevole, non più
lerciume, non più insetti addosso … Qui
sei in casa tua … non più quelle facce … dei tuoi superiori. Oh!
che gioia potersi alzare senza la preoccupazione del capitano, che
forse avrà i nervi tesi, di quel tal tenente, che proprio è di
guardia, di quel tal servizio antipatico che oggi dovrai fare … Niente
di tutto questo: stamattina vestendoti non metterai più la divisa …
quella solita divisa durante il giorno … e che nella notte ti fa da
lenzuolo, ecc … Ogni
angolo de la casa ti sorride, ogni persona ti è una promessa nuova. Quante
premure, quante dolcezze, quanti sorrisi: quante occhiate che
compatiscono e comprendono … E
la mamma! La mamma è sempre essa che sa tutti i nostri desideri, i
nostri gusti, che conosce il nostro cuore, … Il
babbo ha fatto lui pure il soldato, ed anch’egli ha passate le sue,
e ha sempre le sue da intercalare ai vostri racconti: i fratelli e le
sorelle han voglia di ridere, han desiderio di sapere … Ma
la mamma ha già compreso tutto, essa sa già tutta la vostra storia
… essa la sa arguire da ogni più piccolo particolare. Vedetela:
ha raccolto la divisa che voi avete gettato chi sa dove e l’osserva,
quasi aspettasse da quei poveri panni il racconto, la vita, di chi li
ha indossati. -
Quanta polvere! Chissà che marcia hai fatto. -
Come tutto è vecchio e sdrucito: chissà quali strapazzi,
povero ragazzo! -
E questi buchi nel mantello? … Dio mio, queste sono state
palle da schioppo … e se ti uccidevano! E non l’hai mai scritto. -
Ma che, sono strappi, sono state le spine delle siepi! … dico
io. -
Che spine — ribatte essa; io capisco che non si inganna! -
Quanto dura la licenza? -
15 giorni. -
Che licenza lunga … Ritorno. Il
giorno triste della partenza è giunto: nessuno lo nominava, nessuno
voleva parlarne, nell’orrore di affrettarlo … ma esso e giunto,
freddo, inesorabile come la morte! … Domani
parto … Oggi parto … Parto. Non
c’è da ridire contro un fato più tragico di quello di Omero! Bisogna
partire! Bisogna riesumare la divisa! Il
passo peggiore è questo: una volta vestiti da soldato, ogni senso di
ribellione si dilegua, vi sentite già preso nell’ ingranaggio della
disciplina! Vi
sentite stringere da tutte le parti: vi par di essere coscritti di
nuovo, si fa sì presto a dimenticare! … Tutto
è pronto: il mantello e la coperta arrotolati, attendono che voi … Basta:
si indossano come il bue si sottomette al giogo. Il
tascapane pieno da scoppiare vi aspetta: sono provviste buone pel
viaggio, ma a tal vista qual film vi si scopre agli occhi … tutto il
cinematografo interrotto 15 giorni prima. Vedete
la faccia fatta più arcigna del Capitano: il viso più insolente di
quel tenente: la gavetta più arrugginita! ecc... Addio:
addio: in quell’ora si vorrebbe essere piuttosto 15 metri sotto
terra: un urlo … la mamma sviene … il babbo, lui che è già stato
soldato, piange … i fratelli, le sorelle sono fuggiti! … E
voi ritornate al campo … alla guerra! … Se non vi sentite crepare siete un eroe … Alla stazione la tradotta! … All’arrivo
il capitano con la faccia da orso … più su le cannonate. Venga giù
il mondo voi non sentite più nulla: non siete più uomo siete
soldato! …
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